L’approfondimento di oggi è dedicato a prezzi e tariffe, con i dati rilasciati da Istat sulle stime preliminari dell’inflazione a gennaio, le rilevazioni dell’Ivass sui prezzi effettivi dell’Rc auto a novembre, le comunicazioni di Arera sugli aggiornamenti delle condizioni del Servizio di Tutela della vulnerabilità gas per gennaio 2025, il XVI Rapporto Nazionale sulle tariffe idriche, realizzato da Federconsumatori con la collaborazione della Fondazione Isscon e l’indagine sui costi delle università italiane a cura dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori.

A gennaio 2025, secondo le stime preliminari, l’inflazione sale lievemente, arrivando a 1,5% dall’1,3% di dicembre. Tale andamento riflette prevalentemente l’esaurirsi delle spinte deflazionistiche dei prezzi degli Energetici (-0,7% da -2,8% di dicembre), a seguito della marcata accelerazione dei prezzi della componente regolamentata (+27,8% da +12,7%). Un contributo all’inflazione si deve inoltre al permanere di tensioni sui prezzi degli Alimentari lavorati (da +1,7% a 2,0%), i cui effetti si manifestano anche sul cosiddetto “carrello della spesa” (da +1,7% a +1,8%). In decelerazione, invece, i prezzi di alcuni servizi, tra cui quelli relativi ai trasporti e alle comunicazioni. A gennaio, l’inflazione di fondo rimane stabile a +1,8%.

In tema di Rc auto, per i contratti sottoscritti nel mese di novembre 2024, l’indagine di Ivass rileva che:

– il prezzo medio dell’Rc auto resta di 416 euro come per il mese di ottobre, in aumento su base annua del 6,6% (ad ottobre 2024 l’aumento era stato del 7,2%) in termini nominali (+5,3% in termini reali);

– le province italiane registrano incrementi di prezzo su base annua compresi tra il +2,3% di Crotone e il +10,5% di Roma;

– il differenziale di premio tra Napoli e Aosta è di 258 euro, in aumento del 4,2% su base annua (ad ottobre la variazione annua del differenziale era stata del +11,7%) e in riduzione del 42,7% rispetto allo stesso mese del 2014;

– per gli assicurati in prima classe, l’aumento su base annua del prezzo medio è del 6,0% mentre per quelli appartenenti a classi di merito peggiori l’incremento è del 9,0%.

Nei giorni scorsi Arera ha comunicato il valore della materia prima del Servizio di tutela della vulnerabilità gas per il mese di gennaio 2025: il prezzo di riferimento del gas per i vulnerabili sale dell’1,1%. Dice il comunicato: “Per il mese di gennaio, che ha visto le quotazioni all’ingrosso in aumento rispetto a quelle registrate a dicembre, il prezzo della sola materia prima gas, per i clienti nel servizio di tutela della vulnerabilità, è pari a 49,87 €/MWh*. I clienti domestici attualmente nel Servizio di Tutela vulnerabilità gas sono circa 2,36 milioni.”

Secondo lo studio dell’Unione Nazionale Consumatori, per il nuovo utente tipo che consuma 1100 metri cubi di gas, il +1,1% significa spendere 16 euro (15,51 euro) in più su base annua. La spesa totale nel 2025 (non, quindi, secondo l’anno scorrevole, ma dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025, nell’ipotesi di prezzi costanti), sale così a 1393 euro, che – sommati ai 626 euro della luce del nuovo cliente tipo che consuma 2.000 kWh all’anno – determinano una stangata complessiva pari, per quest’anno, a 2019 euro.

Nei giorni scorsi è stato presentato anche il XVI Rapporto Nazionale sulle tariffe idriche, realizzato da Federconsumatori con la collaborazione della Fondazione Isscon. L’indagine analizza le tariffe aggiornate degli ATO e dei Gestori del servizio idrico integrato nel 2024 per tutti i capoluoghi di regione e ha preso come riferimento una famiglia tipo composta da 3 persone con un consumo medio annuo di 150 oppure di 182 m3/annui.

Dai dati esaminati emerge che:

– Per quanto riguarda una famiglia di 3 componenti per 150 m3 di consumo annuo, dall’analisi delle tariffe sui 20 capoluoghi di regione italiani, registrano il costo più alto le città di Firenze, Perugia e Genova rispettivamente con 564,04 euro, 511,79 euro e 504,28 euro; mentre quelle dove si paga meno per il servizio idrico sono Milano (160,13 euro), Campobasso (191,18 euro) e Napoli (193,64 euro). Dall’analisi delle tariffe, confrontando gli importi da pagare nel 2024 (consumo di 150 m3 per tre componenti) e nel 2016 per egual consumo emerge un aumento medio del 40%. Sopra le righe la crescita del costo del servizio nella città di Potenza (+72%), in diminuzione i prezzi a Trento (-2%).

– Per quanto riguarda una famiglia di 3 componenti per 182 m3 di consumo annuo, dall’analisi delle tariffe sui 20 capoluoghi di regione italiani, registrano il costo più alto le città di Firenze, Perugia e Genova rispettivamente con 763,41 euro, 618,09 euro e 614,07 euro; mentre quelle dove si paga meno per il servizio idrico sono Milano (177,15 euro), Napoli (206,45 euro) e Campobasso (234,66 euro).

Per entrambi i livelli di consumo idrico esaminato (150 m3 e 182 m3), vediamo come è il centro Italia ad essere l’area geografica in cui le tariffe applicate sono le più alte, rispettivamente con una media di 463,84 euro per 150 m3 e di 586,20 euro per 182 m3.

Chiudiamo con l’indagine sui costi delle università italiane realizzata come ogni anno dall’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori in collaborazione con la Fondazione Isscon. Il calcolo delle tasse universitarie si basa principalmente sul reddito familiare dello studente, sono state considerate a titolo esemplificativo cinque fasce reddituali di riferimento. La novità del report 2025 è l’introduzione del monitoraggio dei costi degli atenei online, modalità sempre più diffusa e scelta dagli studenti.

Dal report è emerso che, per quanto riguarda le università tradizionali, gli atenei lombardi si confermano quelli in cui la tassazione risulta più elevata. Prendendo in considerazione gli importi per la fascia più alta, l’Università di Pavia, che da qualche anno detiene il primato di ateneo più caro tra quelli monitorati, stavolta viene scavalcata dall’Università di Milano, dove l’importo medio da corrispondere è di 3.808,56 euro (3.360,00 euro per le facoltà umanistiche e 4.257,12 euro per i corsi di laurea dell’area scientifica). Seconda classificata, appunto, l’Università di Pavia (3.343,00 euro per le facoltà umanistiche e 4.141,00 euro per quelle scientifiche). Al terzo posto l’Università del Salento (3.000,00 euro sia per le facoltà umanistiche che per quelle scientifiche).

Mediamente, le università del Nord Italia risultano più onerose rispetto alle altre: le cifre superano del 28% l’importo medio rilevato negli atenei del Sud per la fascia più alta e quasi del 15% quello delle università del Centro.