L’approfondimento di oggi è dedicato a prezzi e tariffe, con i dati definitivi rilasciati da Istat sull’inflazione a ottobre, le rilevazioni dell’Ivass sui prezzi effettivi dell’Rc auto a settembre, le comunicazioni di Arera sugli aggiornamenti delle condizioni del Servizio di Tutela della vulnerabilità gas per ottobre 2024 e i dati dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva sulle tariffe dei rifiuti.

A ottobre l’inflazione risale a +0,9%, seppure in un quadro di stabilità congiunturale. Gli andamenti settoriali appaiono, tuttavia, differenziati. Nel comparto alimentare, la dinamica tendenziale dei prezzi risulta in accelerazione (+2,4% da +1,1% di settembre), con effetti che si manifestano sul “carrello della spesa” (+2,0% da +1,0%). Al contrario, i prezzi dei Beni energetici accentuano il calo su base annua (-9,0% da -8,7%). Tra i servizi, si attenua la crescita tendenziale dei prezzi dei Servizi ricreativi e culturali (+3,6% da +4,0%) mentre quelli dei trasporti evidenziano una lieve accelerazione (+3,0% da +2,4%). A ottobre, l’inflazione acquisita per il 2024 si attesta all’1,0%.

Secondo le stime dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori, con l’inflazione a questi livelli, le ricadute per una famiglia media ammontano a +283,50 euro annui.

L’Osservatorio, che ogni anno monitora i prezzi di un paniere di 100 prodotti di prima necessità, ha confrontato i prezzi attuali con quelli di 10 anni fa, stilando la “top ten” dei maggiori rincari. In cima alla classifica spiccano gli elementi fondamentali della dieta mediterranea: pasta e olio. Seguono fette biscottate, riso, farina e tonno in scatola. Prodotti i cui prezzi sono notevolmente cresciuti, ma la percezione di tali aumenti è spesso alterata a causa della shrinkflation e della riduzione di formati delle confezioni. Fortunatamente esistono anche alcuni prodotti (pochi) in controtendenza rispetto al 2014, i cui prezzi hanno registrato una discesa: i cereali da colazione, i biscotti senza lattosio e il pane in cassetta. L’Osservatorio nota come la dinamica dei prezzi di tutti questi prodotti, negli anni, segni un’accelerata decisamente più marcata rispetto all’andamento dell’indice di inflazione per l’intera collettività, nonché a quello relativo ai prodotti ad alta frequenza di acquisto. Questo dà perfettamente la misura di come l’impatto della crescita dei prezzi, specialmente negli ultimi 3 anni, sia stato determinante e deleterio specialmente per le famiglie con redditi medi e bassi.

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Sull’Rc auto, per i contratti sottoscritti nel mese di settembre 2024, l’indagine di Ivass rileva che il prezzo medio è di 414 euro (418 euro ad agosto 2024), in aumento su base annua del +6,8% in termini nominali (+6,1% in termini reali); in agosto la crescita nominale era stata del +6.7%; tutte le province italiane registrano incrementi di prezzo, compresi tra il +1,3% di Reggio Calabria e il +11,0% di Roma e Caltanissetta; il differenziale di premio tra Napoli e Aosta è di 261 euro, in aumento del +6,3% su base annua e in riduzione del 40,5% rispetto allo stesso mese del 2014; per gli assicurati appartenenti a classi di merito superiori alla prima, l’incremento di prezzo medio è del +9,8%, a fronte di un aumento del +6,1% per gli assicurati in prima classe.

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Passiamo alla comunicazione da parte di Arera del valore della materia prima del Servizio di tutela della vulnerabilità gas per il mese di ottobre 2024. Per il mese di ottobre, che ha visto le quotazioni all’ingrosso in aumento rispetto a quelle registrate a settembre, il prezzo della sola materia prima gas per i clienti nel servizio di tutela della vulnerabilità, è pari a 40,82 €/Mwh, in aumento del 5,3% rispetto a settembre.

Chiudiamo con i dati dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva sulle tariffe dei rifiuti. Nel 2024 la spesa media annuale per i rifiuti (in riferimento a una famiglia tipo composta da 3 persone ed una casa di proprietà di 100 metri quadri) è stata di 329 euro, in aumento del 2,6% circa rispetto all’anno precedente. In generale al Sud si spende di più e si differenzia di meno.

Fra la regione più cara e quella più economica passano oltre 200 euro di differenza. Sul fronte delle tariffe, infatti, è il Trentino Alto Adige la regione più economica (203 €), mentre la Puglia è la più costosa (426,50 € con un aumento di oltre il 4% rispetto all’anno precedente). I dati rilevano forti differenze fra regioni e fra capoluoghi. A livello regionale spiccano in positivo, oltre al Trentino Alto Adige che si caratterizza per la spesa più bassa e un’elevata percentuale di raccolta differenziata, anche Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Marche dove ad una Tari molto al di sotto della media nazionale, si associano i più elevati livelli di raccolta differenziata.

Se si guarda ai singoli capoluoghi di provincia, Catania è la più costosa: qui la Tari è pari a 594 € annui, senza variazioni sul 2023; Trento invece è quello in cui si paga meno e si ferma a 183 €, di poco inferiore rispetto al 2023.

Fra le dieci città più costose ci sono anche Pisa (512 €) e Genova (501 €) e a seguire Napoli, Reggio Calabria, Andria, Brindisi e Cagliari, tutti con tariffa rifiuti dai 465 € in su. Le tariffe rifiuti più basse ci sono, oltre che a Trento, a Udine e Cremona (rispettivamente 186 € e 197 €) e a Brescia, Belluno, Fermo, Pordenone, Bergamo, Isernia e Siena (che chiude la top ten con 222 € di Tari).