Nell’approfondimento di oggi facciamo il punto sugli ultimi report sui prezzi presentati dalle diverse associazioni dei consumatori che svolgono periodicamente le attività di rilevazione dei costi dei vari servizi.
Cominciamo con i rifiuti e con le due rilevazioni presentate annualmente da Cittadinanzattiva e dal Centro Studi Ircaf.
I dati dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva mostrano un aumento della tariffa dei rifiuti nel 2023. In media una famiglia spende 320 euro l’anno, con un aumento del 2% rispetto al 2022. La spesa più elevata si registra al Sud, con la Campania in testa a livello regionale (416 €, e un leggero aumento dello 0,5% rispetto all’anno precedente) e ben sette capoluoghi di provincia meridionali nella top ten dei più cari, guidata da Catania dove una famiglia spende mediamente 594 € all’anno. La regione in cui si rileva la spesa media più bassa sono le Marche (250 €); fra i capoluoghi di provincia è Udine quello meno caro, con una spesa media a famiglia di 181 €, tre volte in meno che a Catania. Sono 54 i capoluoghi in cui si registrano aumenti della tariffa, soltanto 20 quelli in diminuzione: l’incremento più elevato è a Latina (+31,2%), la riduzione più consistente ad Imperia (-23,3%).
La tassa per i rifiuti pagata in media nel 2023 da una famiglia toscana, con alcune differenze tra i capoluoghi: si va dai 481€ di Pisa ai 220€ di Siena. In Toscana, la tariffa è aumentata del 2,5% rispetto al 2022, e a Firenze in particolare si registra un aumento pari al 10,9%.
Cittadinanzattiva ha anche presentato i dati sui livelli di raccolta differenziata in ambito regionale e provinciali e sulla raccolta di particolari categorie di rifiuti come Raee, oli e tessili. Solo il 55% dei capoluoghi ha centrato l’obiettivo (del 2012) di raccolta differenziata del 65%. E nella gran parte dei casi si paga di più dove si differenzia meno. Su Raee, olii esausti e tessili livelli di raccolta differenziata prossimi allo zero.
Secondo i dati sulla tariffa dei rifiuti compresi nella quarta Indagine nazionale sulle tariffe di utenze domestiche e non domestiche del Centro Studi Ircaf, le tariffe sono aumentate del 2,4% nel 2022 rispetto all’anno precedente. E le proiezioni per il 2023 confermano un aumento del 2,2%. In media una famiglia paga quasi 310 euro l’anno per la tariffa dei rifiuti con forti differenze fra macro-regioni: si passa infatti da una media di circa 250 euro nel Nord Est, ai 278 euro del Nord Ovest, mentre più cari risultano il Centro con 313 euro e il Sud-Isole con 362 euro.
In merito alle tariffe del servizio idrico, va segnalata l’iniziativa della Commissione di allerta rapida di sorveglianza dei prezzi sul servizio idrico, presieduta dal Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo. La Commissione ha l’obiettivo di individuare le cause della disomogeneità delle tariffe proposte ai consumatori, per eliminare i fattori che determinano un divario ingiustificato alla luce della normativa vigente. I temi trattati nell’ultima riunione sono stati diversi, ed hanno interessato non solo i grandi operatori del settore, ma anche tutti gli altri gestori intervenuti. La Commissione ha aggiornato i propri lavori, rivolgendo l’invito a monitorare, per il 2024, anche le tariffe del servizio idrico non domestiche. Le Associazioni dei consumatori designate in rappresentanza di tutte le Associazioni del CNCU hanno sottolineato le criticità e le carenze del sistema.
Nel nostro Paese esiste un’enorme disparità di prezzo dell’acqua: l’ADOC ha realizzato uno studio per analizzare le differenze di prezzo a seconda delle diverse modalità di fruizione dell’acqua: se acquistata negli esercizi commerciali, l’acqua contenuta per la maggior parte in bottiglie di plastica può arrivare a costare ben 177 volte l’acqua consumata dal rubinetto. Una proporzione che diventa estremamente più grande se si considera l’acquisto dell’acqua in bottiglia nelle stazioni o negli aeroporti: il costo di una bottiglietta in una stazione o un aeroporto italiano è di 2777 volte quella del rubinetto.
Il caro-prezzi si abbatte anche sui costi di funerali e servizi funebri vari, che hanno subito un’accelerazione negli ultimi due anni, al punto che oggi il giro d’affari del settore – esclusi i servizi cimiteriali – ha raggiunto i 2 miliardi di euro annui. I dati arrivano dal Codacons, che segnala come l’inflazione abbia fatto sentire i suoi effetti anche sul comparto dei funerali, che conta in Italia 50mila occupati tra diretti e indiretti e circa 6 mila imprese attive.
Per quanto attiene la spesa relativa ad un funerale completo, secondo i dati del Codacons questa è molto variabile e dipende da numerosi fattori: dalla scelta della bara a quella del carro funebre, passando per addobbi floreali, servizi di vestizione e preparazione della salma, trasporti, lapide, necrologi e pratiche varie.
Mediamente, in Italia, il costo di un funerale standard, senza considerare tasse e tariffe cimiteriali, varia oggi tra i 1.900 e i 3.000 euro, ma si stanno affacciando sul mercato nuove offerte low cost che, a fronte di servizi basic e di una qualità inferiore dei materiali, offrono pacchetti a meno di 1.200 euro.
L’elemento che incide di più sul prezzo finale di un funerale è la voce “Cassa e accessori” (oltre il 40% del totale) seguita da carro funebre (20%) e dai costi per il personale (15%). Ad esempio, solo per l’acquisto della bara, si parte in media da un minimo di 500 euro per quelle realizzate in legno di pino rosso, ma si può arrivare a spendere anche 5.000 euro se si opta per una bara in mogano o rovere.
Infine, Udu e Federconsumatori hanno presentato il report sul costo degli studi all’università. Secondo le associazioni i dati raccolti dimostrano che studiare è sempre di più un lusso riservato a pochi, specialmente se si decide di farlo lontano dalla propria città di residenza.
Mediamente uno studente spende per tasse universitarie, alloggio, pasti, trasporti (urbani ed extraurbani per chi è pendolare o fuorisede), materiale didattico e digitale, cultura, attività sociali, ricreative, sport e salute: 9.379 euro annui se in sede, 10.293 euro annui se pendolare, 17.498 euro annui se fuorisede.
Gli studenti fuorisede spendono mediamente ogni anno l’87% in più rispetto agli studenti in sede e il 70% rispetto agli studenti pendolari. A pesare in maniera determinante su tale differenza sono i costi degli alloggi, che ammontano mediamente a 5.220 euro annui (con forti differenze tra Nord e Sud).